sabato 30 aprile 2016

Matteo Schifanoia "LO SCAPOLO"


“LO SCAPOLO” è  l’album d’esordio del cantautore Matteo Schifanoia.
Dopo una lunga gavetta passata a suonare “live” Schifanoia  compie il grande passo e manda alle stampe questo disco.
In otto canzoni e poco più di 30 minuti di musica viene concentrata l’arte di quello che lo stesso Schifanoia battezza il “CANTASSURDAUTORE”. Non un cantautore qualsiasi. Ma un cantautore dell’assurdo.
Proprio così.
Le canzoni di Schifanoia sono uno spingere swing, jazz e piano bar al massimo, con testi dove l’assurdo mette la freccia e sorpassa anche l’ironia, che di base poi è la farina dell’impasto di tutto il disco: così nasce il primo album in Italia ad opera di un “cantassurdautore”.
Schifanoia detiene  il copyright di questa definizione. L’ha forgiata lui e se l’è messa addosso.
Il disco è stato realizzato e registrato negli studi di Perugia  dalla Urban Records per mano di Diego Radicati e Simonfrancesco Di Rupo. L’ufficio stampa è quello, ottimo, della Protosound Press di Paolo Tocco.
Il disco si apre proprio con la canzone che da il titolo alla intera raccolta: LO SCAPOLO. Canzone dal testo impregnato di ironia è il pezzo che è stato scelto come singolo per il lancio del disco. Il video della canzone, realizzato dalla Farm Studio Factory  con la regia di Alberto Fabi,  tiene bene il ritmo del cantassurdautore e ne rappresenta appieno  il significato.
Segue UNA CRISI ROCK che, a parere mio, è il pezzo più  geniale in assoluto del disco. Una grande canzone,  veramente stupenda che, con quel refrain “E’ una crisi rock rock rock  / presto tutti quanti saremo un po’ più pop / è una crisi rock rock rock / mamma mia che shock / abbiamo fatto il bot “  regala sensazioni veramente divertenti e positive.
NOTTE SERIA ha ritmi soffusi da piano bar che rallentano il vorticoso ritmo che ha sin qui contraddistinto l’album.
COSTA MENO…   è una divertente visione  dei matrimoni … visti dal punto di vista delle “tasche” -cioè delle finanze- dello scapolo, che ha troppi inviti ai matrimoni e non sa come fare fronte a  tutti i regali.
Dopo la “sagra dell’ironia”,  che ci ha accompagnato per le prime quattro tracce,  il disco vira di rotta in maniera improvvisa con la “piano-song” SANTA LA BELLA STELLA STANCA. Un pezzo stupendamente poetico che dimostra, a conti fatti, che Schifanoia è sì un "cantassurdautore" ma prima di ciò è un cantautore  di razza: non solo capace di farci divertire, ma anche in grado di toccarci nel profondo le corde del cuore. Un pezzo Magnifico con citazione d’obbligo per l’ottimo sound di Giacomo Tosti al pianoforte.
GUARDAROBA IMPAZZITO e LOLITA sono canzoni che ci riportano ad atmosfere decisamente più ironiche e scanzonate mentre UN SOGNATORE IN BIANCO è una canzone swing davvero ispirata. Tutta la banda che accompagna Schifanoia nel disco macina al massimo della potenza: così se il titolare del disco presta alla causa la sua voce e la sua chitarra abbiamo Alessandro Ricci alla batteria, Roberto Gatti alle percussioni, Alessandro Bossi al basso, Lorenzo Baldinelli alle chitarre, il già citato Tosti alla fisarmonica e pianoforte, Rossano Emili e Francesco Angeli al sax, Alessia Donatelli al trombone, Daniele Francia alla tromba con diversi altri amici intervenuti nei coretti e la supervisione artistica di Laura Velardi.
Nel complesso l'opera prima del "Cantassurdautore" è da valutare in maniera più che positiva: unire la sapiente arte del cantautore all'arte di divertire con testi ironici e legati a filo stretto coi tempi che corrono non è certo operazione semplice e Schifanoia dimostra tutto il suo valore.
Un disco che mostra nelle due canzoni che più mi hanno impressionato (CRISI ROCK e SANTA LA BELLA STELLA STANCA)  entrambe le  facce del cantautore e del cantassurdautore  Matteo Schifanoia ...  uno che ha talento. Per certo.

(LO SCAPOLO)







lunedì 18 aprile 2016

Marco Cantini - SIAMO NOI QUELLI CHE ASPETTAVAMO


Marco Cantini,  cantautore fiorentino classe 1976, dopo l'esordio discografico del 2010 con l'album "Sosta d'insetto" manda alle stampe proprio in questo mese di aprile 2016 il suo secondo disco dal titolo SIAMO NOI QUELLI CHE ASPETTAVAMO.
Un disco che definisco "denso", che fa riflettere molto,  perché racconta storie che lasciano ampio spazio a più di una riflessione.
SIAMO NOI QUELLI CHE ASPETTAVAMO è un concept album che racconta la vicenda di un professore precario di origine bolognese che si ritrova in sogno ad intraprendere una sorta di viaggio onirico partendo dalla Bologna del 1977, passando per le lotte studentesche, le radio libere, l'uso delle sostanze stupefacenti.
Il racconto, che Cantini  struttura con un PROLOGO, un INGRESSO NEL SOGNO, e tre atti a seguire denominati rispettivamente BOLOGNA '77, INCONTRI e RISVEGLI  ricostruisce in maniera precisa un contesto storico - un momento storico - particolare per la storia della nostra Repubblica. 
Sono 15 le tracce di questo disco che, in poco meno di un'ora,  ci porta a fare un viaggio indietro nel tempo. E' un grande lavoro quello fatto da Cantini in collaborazione con Gianfilippo Boni che è il produttore artistico dell'album.
E se Boni è una certezza in fatto di "produzioni" ciò che colpisce subito al primo ascolto del disco è la profondità del messaggio che Cantini ci manda tramite le sue storie.
E' davvero un disco ricco di storia del nostro paese: con i suoi guai e le sue contraddizioni.
Perché alla fine,  se lo specchio riflette il triste destino del professore che si ritrova ad essere insegnante precario solo perché non ha "santi in Paradiso" l'immagine dell'uomo che sconfitto e vinto prende la decisione di lasciare questo paese è l'immagine riflessa della sconfitta di un paese intero che non ha futuro.
E così dall'iniziale CENTRALE DEI DESIDERI  passando per splendida ballata STOCK 84  - dove viene ricordata una Bologna assediata dai carri armati mandati dall'allora ministro dell'Interno Cossiga per placare i movimenti studenteschi - il sogno del professore entra nel cuore degli anni settanta.
Il tappeto sonoro che avvolge il viaggio del professore è magnifico: oltre alla chitarra e voce di Marco Cantini ci sono Tiziano Mazzoni alle chitarre acustiche,  Maurizio Geri alle chitarre classiche, lo stesso Gianfilippo "Mago" Boni al piano, Lorenzo Forti al basso, Claudio Giovagnoli e il suo splendido sax, Gabriele Savarese al violino e archi, Fabrizio Morganti alla batteria, 
DOPO LA RIVOLUZIONE racconta la fine della storia dei movimenti studenteschi e qui musicalmente entrano anche la splendida voce in controcanto di Silvia Conti e l'organo hammond di Lele Fontana ad arricchire il già splendido suono sin qui ascoltato. Ottimo il sax di Giovagnoli.
In TRANCHES DE VIE  si racconta la prima esperienza con l'eroina e quel modo sbagliato di cercare  e sciogliere "nei tre grammi di bianca" tutti i problemi dell'esistenza: questa è una bellissima ballata, uno dei pezzi da novanta di questo disco: alla chitarra acustica c'è Paolo Amulfi.
Si passa quindi a CINQUE RAGAZZI  canzone che narra la nascita di una storica rivista di satira "Cannibale" a cura di Filippo Scozzari, Andrea Pazienza, Massimo Mattioli, Stefano Tamburini e Tanino Liberatore. Ospiti alle voci in questa canzone sono Erriquez della Bandabardò e Luca Lanzi della Casa Del Vento. Ospiti alla chitarra acustica sono Bernardo Baglioni (che ricordiamo a Cabiate con il nostro Max Larocca) e Alessandro Bruno, mentre è ottima anche la fisarmonica di  Giacomo Tosti.
Un capitolo a parte Cantini lo dedica ad Andrea Pazienza a cui è ispirata un'altra splendida ballata intitolata appunto PAZIENZA. Superba canzone densa di vere emozioni: in questa canzone è ospite alla chitarra acustica Maurizio Geri.
In TECHNICOLOR  il sogno del professore approda  all'epoca delle tv commerciali del Cavaliere. A dar manforte a Cantini in questo episodio del viaggio sono: la cantautrice Giorgia Del Mese alla voce, Francesco Moneti al violino e Lele Fontana all'organo hammond.
La meta successiva del viaggio è una tappa dedicata  a Pier Vittorio Tondelli e al suo "Altri Libertini" romanzo cult di quegli anni ottanta a cui Cantini dedica il brano  SOFFIA PROFONDO, PIER. In questo brano a dar manforte a Cantini c'è l'inconfondibile voce del nostro Massimiliano Max Larocca.
Quindi  si finisce a casa della pittrice Frida Kahlo che Cantini ricorda né  L'ESILIO canzone che in veste "minimale" regala il fascino della voce di Letizia Fuochi e delle chitarre classiche di Riccardo Galardini.
C'è tempo per rivedere in sogno Federico Fellini cui è dedicato il brano VITA E MORTE DI FEDERICO F. con ospite ancora Silvia Conti alla voce, Baglioni alle chitarre e Fontana con il suo hammond  per poi ricordare il dadaismo nel brano CAFE' DE LA TERRASSE con la sola chitarra di Geri ad accompagnare la voce di Cantini.
E così il professore finisce il suo viaggio in FUORI DAL SOGNO brano chiave del disco che acnora vede i soli Cantini e Geri all'opera. Qui Cantini mette in bocca all'uomo tutta l'amarezza che lo spingerà lontano da tutto quanto ha rivisto. Lontano dal suo paese.
Così PRELUDIO ALL'ADDIO (con Marcello Parrilli a sostenere Maurizio Geri alle chitarre acustiche)  è il passaggio doloroso che ci porta alla conclusiva IN PARTENZA con Marco Spiccio al piano... e gli ultimi versi del professore sono da sequenza cinematografica: 
" Siamo pesci convulsi girati su un fianco. Boccheggianti al tramonto. E questo è il paradosso: pensa liberamente. Ma obbedisci per sempre."
Alla resa dei conti questo   SIAMO NOI QUELLO CHE ASPETTAVAMO si rivela un disco di grande spessore che ha l'innegabile pregio di unire ad una splendida colonna sonora una più che valida sostanza letteraria.
Cantini è un fine cantautore. 
Uno di quelli che ti prende per mano e ti porta dentro una storia, un viaggio, un sogno.
E dopo che hai viaggiato, e hai assaporato i versi amari di un passato fatto di sogni infranti nel presente, non puoi che stringere la sua mano e dirgli: "Grazie amico. Mi hai fatto vivere una splendida lezione di Storia del Passato del nostro Paese. Un pezzo di quella che da un altro punto di osservazione puoi anche chiamare "La Meglio Gioventù".






(Marco Cantini - PAZIENZA)